Auguri a Roma e a Virginia Raggi, prima sindaca con la responsabilità di governare la Città Eterna.
Il risultato delle elezioni a Roma fornisce delle indicazioni chiare e impone delle riflessioni severe.
Gli elettori hanno bocciato la candidatura dell’avversario di Virginia Raggi non perché conoscessero bene la candidata oggi sindaca ma perché hanno rifiutato la visione chiusa, concentrata sul potere come sostantivo, come una sedia da occupare, che i partiti tradizionali continuano a proporre.
Una visione che sembra quella di una barca che ha gettato l’ancora nei riti e nei modi di pensare del secolo scorso e mentre tutto l’equipaggio alza le vele per salpare nella cabina di comando nessuno vuole levare quell’ancora. Perché quell’ancora conserva una concezione proprietaria che un gruppo dirigente non vuole abbandonare, anche perché non riesce a vederlo il futuro. Il futuro. L’unico tempo in cui dovremmo proiettarci.
E così da quella visione proprietaria si sentono ormai protetti solo i cittadini più benestanti, gli abitanti dei quartieri più ricchi che preferiscono la certezza della conservazione ai rischi e alle opportunità del cambiamento. Quella borghesia che nella storia, nei casi migliori, ha saputo guidare le riforme, mentre nei casi peggiori non ha voluto parlare per proteggere i propri privilegi.
Alla classe dirigente dei partiti, innanzitutto quella del partito democratico, in cui credo perché credo in una società dove esistano due forze, una conservatrice e una riformista che si contrappongano per garantire alternativa e alternanza di governo, questa idealità è venuta meno. A Roma, però, la bruciante sconfitta non deve scoraggiare le persone che credono nei principi che hanno animato la nascita del partito democratico: la parità di diritti, l’attenzione ai più deboli, la trasparenza, la cultura del merito. A loro, quale fondatore del partito democratico, va il mio pensiero. Quanto a chi ha creato questo disastro, licenziando un sindaco di centrosinistra dal notaio, in combutta con la destra, e portando la città ad elezioni anticipate, è bene che lasci subito il campo, ammetta con umiltà di non avere la statura adeguata per guidare, e consenta una rigenerazione, per via democratica, di un partito ormai distrutto. Ci sono i margini per ritrovare e riunire il popolo che solo tre anni fa ci accompagnò in cima al Campidoglio e che oggi appare inevitabilmente deluso e sconcertato.
Un ultimo pensiero. Io che ho subito ogni tipo di insulti e trappole prego e spero che l’opposizione a Virginia Raggi si faccia votando con lei quanto di saggio proporrà e ostacolandola con fermezza su quanto non condivisibile ma con idee e progetti alternativi, non con sgambetti e campagne denigratorie.